“À memória de minha Mãe”, (RAQUEL D’ANRIQUE – 30.11.1945 – 27.01.2007) de leonora rosado, é o primeiro poema do livro “HÁ TÉNUES SINAIS DE CRISTAL NOS ESPELHOS”
dia de regata do emigrante no cais do bico, como era hábito a família almoçou na tenda/restaurante da junta de freguesia da murtosa, de cujo presidente os meus pais eram amigos, mas eu não – políticas …
em 2005 eu tinha começado a fotografar a companha do marco, que nascera nesse ano e que acompanhei até 2016. tinha sido arrais o cipriano, que deixou de o ser em 2006, para passar a ser o marco. mas isto é uma outra história.
o marco e o cipriano apareceram com um moliceiro na regata, de que não me lembro o nome, e quando o marco me viu a fotografar perguntou-me se não queria ir com eles. claro que sim. saltei para dentro do barco e comecei a fotografar. faltava ainda um camarada – cada barco tem direito a três camaradas.
quando o terceiro camarada chegou, já o barco estava para largar. então, do seu posto de controlo, o digníssimo presidente da junta de freguesia da murtosa grita para o marco:
– só podem ir três no barco e estão quatro
ao que o marco respondeu, o que era óbvio:
– mas o sr. cravo só vai para fotografar
– conta na mesma – disse quem de direito
apesar da calmaria, eu disse ao marco que saía do barco e que ele precisava era de um camarada e não de um fotógrafo. não senhor, vai connosco – foi a resposta. e fui.
passados poucos minutos da regata arrancar, levanta-se nortada, quem conhece a ria sabe como é, e …. máquina para dentro do castelo da proa e o camarada fotógrafo deixou de ser fotógrafo e não sabia ser camarada.
só me lembro, entre outras aventuras, de o barco dar um bordo e a água começar a entrar; havia dois escoadouros (vertedouros) a bordo, o cipriano pegou no grande e eu no pequeno. toca a escoar água. até que o cipriano escorregou e caiu de costas, e eu fiquei, por alguns minutos, a tentar escoar o barco – mas era mais a água que entrava que a que saía.
enfim, depois de muitas aventuras, o marco ferido, o barco também, acabámos por ficar com um honroso último lugar.
na hora da entrega das medalhas fui eu recebê-las em nome dos três. ao fim e ao cabo atendendo à minha longa experiência – reconhecida pelo senhor presidente da junta de freguesia – bem o merecia.
estes anos todos passados, o cipriano morreu, o presidente da junta já não é presidente, o marco é arrais e mestre na torreira e eu vivo na figueira da foz.
Fotografe e fotografi che hanno indugiato con i loro sguardi sul tempo ed il mondo delle donne. Chi ha colto nei loro occhi il fascino che da generazioni gli artisti fissano sulle loro tele, chi ha valorizzato la gestualità le loro mani. Mani che comunicano e lavorano, declinano accompagnandole le emozioni o stendono il bucato, mani che accarezzano, abbracciano, sollevano, custodiscono, che sostengono il capo mentre riflettono, che in modo sensuale e spontaneo si accarezzano i capelli, mani curate di giovani donne, mani vissute di donne invecchiate con grazia, le mani delle bambine curiose che siamo state, mani e braccia che seguono lungo i fianchi viaggi proiettati verso il futuro, mani che disegnano orizzonti in cui inoltrarsi col cuore e l’anima. Troverete donne che volgono il capo verso il passato per capire quale futuro scolpire con le proprie scelte, scoprirete sguardi che vi penetreranno fino in fondo disarmandovi, gli occhi di chi sostiene lo sguardo del proprio futuro senza farsi frantumare dai riflessi del passato che incombono sulla storia quotidiana di tutte le donne in ogni parte del mondo. Fotografe e madri che hanno guardato negli occhi le proprie figlie per riconoscersi e riconoscere le promesse fatte durante la gravidanza alla vita che cresceva dentro di loro. Fotografe che viaggiano per conoscere le donne di altre culture, per ritrovare quell’umanità struggente da condividere con l’altro senza confini ne mura da superare. Fotografi che amano e rispettano le donne e le hanno ritratte e sublimate attraverso la loro fascinazione, fotografi che hanno scoperto durante i loro viaggi che lo sguardo femminile possiede la stessa magia ed intensità a nord e sud dell’Equatore. Quale scelta migliore di quella operata dagli autori e dalle autrici che in ALITIA condividono le loro esperienze di vita attraverso scatti capaci di restituire l’esistenza delle donne da loro conosciute, incontrate e descritte, ricordate, amate, pronte a superare ogni sfida con la pacatezza negli occhi, la passione nel movimento delle loro mani, la curiosità verso la vita che le anima e che loro custodiscono dentro se stesse? Alle fotografe ed ai fotografi che ci hanno restituito l’universo femminile nei loro scatti, grazie per aver mostrato la determinazione e la passione di conoscere i propri simili, di credere nella differenza di genere come un valore aggiunto pronto a farci evolvere, crescere insieme. Un incontro emozionante visivamente e non solo, capace di proseguire oltre l’immagine stessa, laddove il mondo delle donne e quello degli uomini si fonde nelle esperienze comuni di vita vissuta unendo sensibilità, forza, creatività, per sancire la propria consapevolezza di appartenere a se stessi e di voler conoscere l’altro. Nell’obiettivo fotografico un’energia potente ha raggiunto l’anima dei soggetti ritratti, ogni autore/autrice ha donato a donne di ogni età, luogo e cultura un’attenzione disarmante ed una curiosità appassionata. Messaggi contro la violenza sulle donne, l’auspicio e la promessa di custodire, proteggere, valorizzare il loro presente si trovano in questi scatti. Quale modo migliore per render loro onore di fonderli in un video, il mio modo di ringraziarli di esistere così come sono, uomini e donne capaci di fotografare l’anima delle donne e del mondo in cui vivono. Fino a quando le donne riceveranno tale sguardo non dovranno mai temere le lunghe ombre del passato e saranno pronte a farle scomparire dal proprio futuro. Paola P.
Paola P.
Thanks to authors:
Rosita Lusignani, Alessandro Grilli, Loris Goudel, Luigi Greco, Marina Tomasi, Lore Inofa, Marco Diulgheroff, Carlo Antonio Atzori, Rosaria D’Asia, Roberto Canziani, Toni Fidanza, Giuseppe Basile, Pino Giuseppe Barreca, António José Cravo, Peder Aresvik, Brigitte Feijen, Alessandro de Nardis, Francesco Congedo, Gianluca Moretto, Luciana Trappolino, Marca Barone, Maria Grazia Formichella, Gianni Visaggio, Fabry Cara, Dino Frattari, Zarrelli Saverio, Laura Domenichelli, Giorgio Amendolara, Andrea Lupo, Giro Alv, José Ramón Domínguez Carnero, Mimmo Disamistade, Olivier Monmart, Paolo Bellisai, Saturas M.
grazie a tutti gli autori che nel tempo hanno pubblicato splendidi istanti in cui il lavoro umano è stato valorizzato e reso sacro in tutte le sue sfumature.
Da ogni parte del mondo, d’Europa, ecco uomini e donne al lavoro, giovani e vecchi, sfruttati o valorizzati, tramandando conoscenze e mestieri ai propri figli, ecco la storia delle donne attraverso le loro abilità, quella degli uomini attraverso i loro sforzi, la fatica che non conosce genere ne razza, religione o cultura. Ecco delle testimonianze accorate di chi ha guardato agli esseri umani raccogliendo gesti e sguardi con quella dignità propria di chi ama la natura umana e si avventura in essa.
Grazie a:
António José Cravo, Saro Di Bartolo, Isabel Faria, Francesco Congedo, Paolo Bellisai, Gregorio Greg Tommaseo, Zarrelli Saverio, Ugo Carminati, Francesco Olivieri, Luciana Trappolino, Mariano Zé, Mario Basta, Ajdono Majnejm, Nico Barberio, Dino Frattari, Francesco Caprino, Gilberto Fonseca, Magda Fulger, Natale Sandovalli, Laura Domenichelli, Giorgio Amendolara, Silvano Ruffini, Rosita Lusignani.Roberto Burchi.
Una poesia attualissima che propongo nella giornata in cui si celebra il lavoro come valore comune, come diritto, la dignità di un lavoro, di essere tutelati e garantiti nella salute, ecco un poeta capace di ricordarci di proteggere la libertà di scegliere cosa essere come individui e quali errori non ripetere quando la fame bussa alla porta, quando la guerra tra poveri è dietro l’angolo, quando il futuro appare incerto…
Paola Palmaroli
Lo sforzo umano di Jacques Prévert
Lo sforzo umano
non è quel bel giovane sorridente
ritto sulla sua gamba di gesso
o di pietra
e che mostra grazie ai puerili artifici dello scultore
la stupida illusione
della gioia della danza e del giubilo
evocante con l’altra gamba in aria
la dolcezza del ritorno a casa
No
Lo sforzo umano non porta un fanciullo sulla spalla destra
un altro sulla testa
e un terzo sulla spalla sinistra
con gli attrezzi a tracolla
e la giovane moglie felice aggrappata al suo braccio
Lo sforzo umano porta un cinto erniario
e le cicatrici delle lotte
intraprese dalla classe operaia
contro un mondo assurdo e senza leggi
Lo sforzo umano non possiede una vera casa
esso ha l’odore del proprio lavoro
ed è intaccato ai polmoni
il suo salario è magro
e così i suoi figli
lavora come un negro
e il negro lavora come lui
Lo sforzo umano no ha il savoir-vivre
Lo sforzo umano non ha l’età della ragione
lo sforzo umano ha l’età delle caserme
l’età dei bagni penali e delle prigioni
l’età delle chiese e delle officine
l’età dei cannoni
e lui che ha piantato dappertutto i vigneti
e accordato tutti i violini
si nutre di cattivi sogni
si ubriaca con il cattivo vino della rassegnazione
e come un grande scoiattolo ebbro
vorticosamente gira senza posa
in un universo ostile
polveroso e dal soffitto basso
e forgia senza fermarsi la catena
la terrificante catena in cui tutto s’incatena
la miseria il profitto il lavoro la carneficina
la tristezza la sventura l’insonnia la noia
la terrificante catena d’oro
di carbone di ferro e d’acciaio
di scoria e polvere di ferro
passata intorno al collo
di un mondo abbandonato
la miserabile catena
sulla quale vengono ad aggrapparsi
i ciondoli divini
le reliquie sacre
le croci al merito le croci uncinate
le scimmiette portafortuna
le medaglie dei vecchi servitori
i ninnoli della sfortuna
e il gran pezzo da museo
il gran ritratto equestre
il gran ritratto in piedi
il gran ritratto di faccia di profilo su un sol piede